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giovedì 5 febbraio 2015

Il giardino dei Finzi-Contini

Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, Milano, Mondadori, 1976, 350 pp.

Il giardino dei Finzi-Contini è un libro sorprendente, di cui non posso che consigliare la lettura.  La storia è ambientata nella comunità ebraica della città di Ferrara, in piena epoca fascista. Ma i temi legati all'olocausto, alle leggi razziali e alle persecuzioni attuate dal regime, pur presenti, restano sullo sfondo. Quello di Giorgio Bassani è, come affermato da ben più illustri recensori, “uno straordinario romanzo d'amore”. Bassani riesce, in maniera mirabile, a sviscerare – cogliendo anche le più sottili sfumature – tutti i tormenti e le agitazioni, le dolci aspettative, repentinamente mutatesi in amare disillusioni, dell'amore non corrisposto di un uomo per una donna. La narrazione, sotto forma di racconto fatto al lettore dal protagonista, ripercorre nascita, crescita, apice e progressivo disfacimento di una storia d'amore che rimarrà solamente nei suoi desideri. Del narratore non viene mai fatto il nome; si tende ad identificarlo con lo stesso autore del romanzo, nonostante di ciò non vi sia mai stata conferma. Il suo sentimento per la coetanea Micòl, appartenente alla ricca famiglia dei Finzi-Contini, nasce nella prima infanzia. Gli ammiccamenti preadolescenziali negli sporadici incontri al tempio. Il primo dialogo, per sempre scolpito nella memoria di lui. Una più assidua frequentazione nell'età degli studi universitari ed una sempre maggiore confidenza raggiunta con le quotidiane partite a tennis nella magna domus dei Finzi-Contini (in seguito alla cacciata degli italiani di sangue ebraico dal circolo cittadino) condite da romantiche passeggiate a due. Il 'giardino' assurge a simbolo dei momenti più felici vissuti dal narratore insieme alla ragazza; come dei suoi sogni infranti. Il luogo in cui ciò che poteva essere, mai sarà.
Quello degli attimi non colti, delle parole non dette è uno dei temi portanti del romanzo. L'autore lo orchestra magistralmente in maniera da appassionare il lettore che, avendo magari vissuto situazioni simili, finirà per provare le medesime ansie e sofferenze del narratore. Gli sbalzi d'umore; il fatuo ritorno nei luoghi di una fugace ed illusoria felicità; gli attacchi di panico per il nuovo fatidico incontro; la stretta allo stomaco della gelosia; l'irruenza e l'ostinazione post rifiuto. Il susseguirsi degli stati d'animo e dei comportamenti del protagonista potrebbero considerarsi un vero e proprio manuale del mal d'amore.
Cuore pulsante del romanzo è lei, Micòl Finzi-Contini, definita «una delle figure più affascinanti e inafferrabili della letteratura italiana».[1] Piacente d'aspetto (Bassani non si dilunga mai in descrizioni fisiche), volubile e viziata ma allo stesso tempo sensibile ed affettuosa, piena di stranezze e bizzarrie, dotata di un carattere focoso, costantemente in bilico tra il timido ed il disinvolto. Certamente non lascia indifferenti i lettori. Consci del suo tragico destino, sin dall'inizio del romanzo sappiamo che la sua esistenza – come quella di gran parte della famiglia Finzi-Contini – terminerà in un campo di sterminio tedesco e siamo, forse, per questo più inclini a giustificare ed a perdonarle le sofferenze che il suo indecifrabile comportamento infligge al narratore. La mutevolezza di Micòl è, in definitiva, quella delle relazioni umane la cui aleatorietà è un'altra delle tematiche toccate nel romanzo.
Bassani tesse un complesso gioco delle parti tra le quattro persone che frequenteranno fino alla fine la dimora dei “Finzi-Contini”. Insieme al protagonista, ed a Micòl, vi sono il malaticcio ed apatico Alberto Finzi-Contini (quasi una versione in negativo fotografico della sorella minore) ed il burbero chimico Giampiero Malnate, amico di vecchia data di Alberto, nonché altro personaggio controverso e di difficile inquadratura. I rapporti esistenti tra loro non appaiono mai del tutto chiari e gli “schieramenti” iniziali saranno continuamente sovvertiti. Fino al malinconico finale in cui aleggerà il dubbio sul reale legame esistente tra Micòl e lo stesso Malnate.
La sensazione di dolce amarezza che il romanzo può lasciare è già da sola motivo valido per avventurarsi nelle sue pagine. E varcare – sotto lo sguardo vigile del portinaio tuttofare Perotti ed accompagnati dal gigantesco cane danese Jor, veri e propri testimoni silenziosi della storia – il cancello del 'giardino'. Potremo così scoprire che, nei giorni che resteranno tra i più bui della nostra storia, nei luoghi che ne furono testimoni, si poteva soffrire anche per amore. Quello più vero, intenso e, in quanto mai appagato, eterno.

Girolamo Accardi





[1] Così Marilyn Schneider nel saggio Dimensioni mitiche di Micòl Finzi-Contini in appendice al libro stesso.

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